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lunedì 29 luglio 2013

la morte... e il telefono



Ricordo, avevo una ventina di anni, ero felicemente in vacanza presso una mia cugina, quando la zia mi chiamò e mi disse: “c’è la mamma la telefono”
Dall’altra parte del filo, mia madre singhiozzante mi disse: “torna a casa che tuo nonno è morto”.
Due giorni prima che partissi per la vacanza, incontrai i miei nonni sull’autobus. Tornavano a casa dopo essere andati a mangiare un pizza. Era un venerdì sera. Mio nonno aveva 90 anni e mia nonna di 8 anni più giovani se ne andavano in giro per Roma, soli, soli. Così quella sera, preoccupato che due anziani se ne andassero da soli in giro per il quartiere, scesi con loro, alla loro fermata del bus e lì accompagnai fino all’ascensore del palazzo. 
Fu l’ultima volta che vidi vivo mio nonno.
La domenica mattina, dopo essersi vestito con gli abiti della festa, perché era sua intenzione andare ai castelli romani a mangiare, si sdraiò sul letto per un leggero mal di testa, si addormentò… per sempre.
Quella fu la prima volta che mi diedero l’annuncio di morte. Da allora l’annuncio di una morte mi è sempre arrivata per telefono.
Quando morì mio suocero, il telefono squillo alle 2 e mezza, di notte. Mia moglie era stata chiamata verso mezzanotte per andare di corsa all’ospedale, perché suo padre si era aggravato. Quando il telefono squillo  in piena notte già sapevo….
Così quando squillò il telefonino alle 7.30 di mattino, immaginavo già la notizia, aspettavo solo che mi dessero la conferma, la scomparsa di mia cugina.

Una volta c’erano solo i telefoni fissi, e quando squillavano nelle ore più strane molte volte era forieri di tristi notizie. 
Ma adesso ci sono i telefonini, ti seguono ovunque tu vai, e così la notizia di rincorre, ti insegue, ti assilla.
In mondo che sembra fuggire la morte, allontanarsi da essa, in una vana ricerca dell’immortalità, la notizia della morte invece è sempre più veloce a raggiungerti.
Non hai più scampo, essa è in agguato, ovunque tu vai lei ti raggiunge e ti ricorda che devi morire.

Davanti alla morte i  miei sentimenti sono contrastanti.
Da una parte c’è la paura del morire, dell’incognito di cosa c’è dopo, accompagnata dalla paura-tristezza della separazione. Quando io muoio non vedrò più le persone care.
Dall’altra parte c’è il pensiero cristiano, quello che la morte non è una cosa da fuggire, anzi.. come la chiamava San Francesco, sorella morte, un fatto da accettare con gioia. San Paolo nel suo rapporto andava oltre, fino a desiderare la morte: Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.
Già San Paolo, sogna, desidera la morte per ricongiungersi finalmente al suo amato Gesù Cristo, non vede l’ora di stare finalmente alla presenza di Colui che ama al di sopra di tutto, del quale non nutre nessun dubbio sul suo amore per l’umanità. Infatti dirà esplicitamente: "Io sono infatti persuaso – sostiene Paolo – che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che e in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39)

Come cristiano dovrei essere gioioso che la morte si avvicina, perché questo mi avvicina a Colui che amo, a Colui che vorrei incontrare per stare con lui, ma dall’altra i miei dubbi, la mia poca fede mi frenano e mi mettono paura.


Paura di non essere trovato degno, degno del suo amore.... ma questo è un altro pensiero


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