Essere presenti là dove si è scomodi con una testimonianza vera

martedì 15 settembre 2015

Una serata magica

Metti,  una fresca serata di fine estate.
Metti, una piazza immersa nella penombra per una scarsa illuminazione.
Metti, un palco provvisorio foderato di stoffa blu con un occhio di bue che alternativamente illumina ora un fisarmonicista e un’ anziano attore incommensurabile.
Ecco una semplice serata speciale.

Anche se sul palco sono in due, il protagonista assoluto è lui, uno tra i più grandi attori di questo secolo:  Giorgio Albertazzi.
Fa impressione, da impressioni, suscita profonde emozioni con il suo parlare semplice e forbito, con l’ironia di un nonno che racconta ai suoi nipoti aneddoti della sua vita.
Attira o meglio cattura con una facilità sconcertante l’attenzione di una platea emozionata ed affascinata contemporaneamente.

Su un palco provvisorio in una piazza di periferia,  Giorgio Albertazzi, è il matador assoluto di una magica serata.
Così, tra un ricordo personale e un aneddoto di cari amici, il grande attore delizia il pubblico recitando brani del suo vasto repertorio.
Ora recita una poesia di Trilussa, mentre parla del suo amore per Roma, passa a recitare il lungo brano teatrale della morte di Cesare e il discorso di Marcantonio al popolo romano, per poi  incantare il pubblico con sonetti del dolce stil nuovo, per poi passare a Garcia Lorca e la sua “moglie infedele”, per chiudere in bellezza con il V canto dell’Inferno,  il sonetto dell’amore.

Il pubblico ha riservato un plauso di diversi minuti  per sottolineare la sua immensa bravura.

La sua performance è strabiliante, un uomo di 91 anni che ha recitato il suo repertorio serale senza nessun aiuto cartaceo, ma tutto frutto della sua memoria, esperienza e bravura.

Una serata indimenticabile.

L’unico neo, la risposta del popolo del quartiere. Non c’è stata molta affluenza, meritava un pubblico più numeroso e più preparato per un attore della bravura di Giorgio Albertazzi.

Se ci fossero stati gli interpreti delle canzonette, avremmo avuto un pubblico più numeroso.. pazienza.

Comunque, un grazie agli organizzatori di questa splendida serata, che hanno portato la cultura in piazza e in periferia, che hanno portato la CULTURA nel municipio e serbiamo nel cuore la speranza di altre serate di questo valore. 

martedì 1 settembre 2015

Cosa guarda la donna e il ragazzo



Mi immagino di passare davanti a questa opera, durante una passeggiata nella notte, e un flebile raggio di luce illumina queste due persone…. e subito il mio sguardo segue il loro, per vedere cosa guardano… guardano le stelle.


Chi ricorda il film il Postino?
Il protagonista è un uomo povero, prigioniero nella sua isola, prigioniero nella sua povertà.
Prigioniero di tanti giorni tutti uguali, giorni senza allegria, senza speranza.
A rompere quel mortale tran tran, c’è l’arrivo nell’isola, dell’esiliato il grande poeta Pablo Neruda.
Il protagonista Mario Ruoppolo viene assunto dalle poste provvisoriamente con un contratto legato alla presenza del grande poeta sull’isola.

Suggestivo l’incontro-scontro tra il grande poeta, così sicuro di  se, borioso, distaccato ‘ieno di prosopopea e il povero postino, timido, insicuro, riservato.
Grande è la differenza tra l’uomo di cultura e l’ignorante postino.
Ma l’incontro non può lasciare i due indifferenti, da una parte c’è il grande poeta che modifica il suo comportamento andando incontro al giovane postino e quest’ultimo vuole entrare nel mistero della poesia del grande poeta.
Ma la distanza tra i due è abissale.

Da una parte c’è  la facilità della parola, della capacità di esprimere il suo pensiero, la forza della comunicazione.. dall’altra c’è la grande difficoltà
a mettere insieme solo due parole.
Quando Neruda, chiede al postino di raccontare ai suoi amici la bellezza dell’isola, sarà capace di dire una sola parola: Beatrice.


Neruda parte lontano, e Mario Ruoppolo rimane solo con i suoi tormenti, quella lotta interiore di voler dire e non saper dire. Tra l’uscire da se stesso e rimane prigioniero della sua ignoranza.
Tra il voler riempire le pagine del quaderno donatogli dal poeta, e l’incapacità di scrivere una sola parola.
Alla fine Mario, trova la sua strada della comunicazione, non più fatta di parole ma suoni, sentimenti, emozioni espressi per vie diverse del grande poeta.


Mario decide di raccontare la sua isola, la bellezza della terra attraverso i suoi… e terminerà il suo viaggio sonoro  puntando il microfono verso il cielo… verso un cielo stellato.. ed esclamerà: “Bello però, non me n'ero accorto che era così bello”


 Non si era mai accorto di quanto era bello perché non aveva mai alzato la testa. Aveva sempre camminato con lo sguardo chino in terra, sotto il peso della non dignità, ma adesso dopo un lungo travaglio umano, personale Mario Ruoppolo alza testa e finalmente vede le stelle, perché non cammina più a testa bassa.
Alla fine del suo percorso umano, Mario troverà le parole e le pagine del suo quaderno non sono più vuote, lì c’è la poesia che deve leggere davanti ai suoi compagni ….

Ecco passando sotto questo murales siamo tutti invitati a guardare le stelle, a vedere quanto sono belle, con lo sguardo degli uomini  e delle donne liberi… libertà che non hanno ottenuto da un angelo, o uno spiritello, un principe di un paese lontano, ma che hanno conquistato attraverso il loro percorso personale di liberazione della non dignità….




Street art ..nel Parco


Appare improvviso tra gli alberi, a colui che attraversa il parco.
Mi apparve così improvviso, nel chiarore del mattino, nel primo giorno di lavoro.
Con i suoi colori forti, violenti… arriva come un pugno nello stomaco.
Capeggiano i due terribili mostri..  brutti e famelici… in un insieme che è una denuncia forte e violenta.

Al centro della scena c’è un orribile mostro con tre occhie tre mani visibili,
 con l’aspetto di un porco con due enormi canini
                  on la bocca spalancata intento divorare la terra intera,
infatti, con le due mani anteriori tira a se la terra, come un tovaglia apparecchiata, divorando, avidamente, tutto quella che contiene. Tirando a se la terra, porta alla bocca le città intere con la sue popolazioni intenta a fuggire.

Mentre le mani anteriori tirano la terra, con le altre mani il mostro bombarda le città.
Sono bombe riempite di gas terribili.
Le bolle, che salgono verso il cielo o escono da nubi angoscianti,
                                                           addoloranti       
                                                                 rattristanti                  
                                                                          irritanti

                                                           preoccupanti.   
                                                                         
 Quelle bolle hanno scritto dentro di loro le formule brute di vari composti che rilasciano con la loro esplosione, esse stanno indicando con quali gas vengono colpite le città,
in esse c’è la formula del metano,
dell’iprite o gas mostarda,
dell’esafluoruro di zolfo ( qui forse ha sbagliato la formula perché questo è un gas inerte, mentre dovrebbe essere la formula del tetrafluoruro di zolfo gas, tossico e corrosivo, che ha una formula molto simile).
dell’anidride carbonica (principale responsabile dell’effetto serra, causa dei mutamenti climatici)
del diossido d’azoto. (altro gas tossico)

Dietro le bombe, dietro i gas mortali, dietro le nubi tossiche, tra i fumi velenosi  una maschera anti gas… a chi servirà?




Il mostro divora la terra per possedere le sue ricchezze nascoste sotto di esse,
distrugge l’umanità per avidità di  denaro e potere, 
infatti nel tirare a se la terra coperta, scopre le sue ricchezze.

Ecco la popolazione, a cui l’autore da la forma della marionetta-pinocchio… fuggire. ..
dalla desolazione,
dalla paura,
dal deserto,
dalla fame,
dalla morte sicura…

Ecco la popolazione, nella sua fuga vero la salvezza imbarcarsi su barconi insicuri.
Non sono barche con vele per governare il mare e il vento…
Non sono barche con motori potenti per solcare le onde

                                                      sono imbarcati su brutti barconi in balia di mare tempestoso.

E qui ad aspettare i fuggitivi c’è un altro mostro, dalle sembianze di un enorme squalo.
Il mostro del mare ha la bocca spalancata ed intento ad ingoiare un barcone con tutti i suoi occupanti.
Il mostro divorerà, un ad uno tutti i barconi, essi non hanno via di fuga…perché non sanno dove andare….

Quello che sto osservando
è un lavoro disperato, un opera senza speranza…
perché i barconi non hanno una meta,
fuggono senza avere una terra dove andare,
non c’è nessuno ad accoglierli,
non c’è una nuova terra pronta ad ospitarli dove non ci sono mostri.

Una fuga della salvezza… senza salvezza.



Chi ricorda i padri pellegrini inglesi che fuggirono in America sulla Mayflower, a causa della persecuzione contro i puritani, o le navi cariche di  ebrei in fuga dall’Europa verso la Palestina.

Fuggivano dall’odio verso una nuova terra…
ad accoglierli nella nuova terra trovarono i pacifici indiani o pellirossa,




che li aiutarono a sopravvivere nel primo inverno nella nuova terra,
che li aiutarono nel costruire la nuova città,
che li aiutarono nel coltivare la nuova terra,
che li aiutarono nel cacciare gli animale,
che li aiutarono  nel pescare in nuovi mari e nuovi fiumi
che li aiutarono…. ad iniziare una nuova vita lontani dall’odio.

Ma i marionetta-pinocchi fuggono e basta…. non c’è salvezza, non speranza.. c’è solo la disperazione dei fatti

Mi piacerebbe comunque sapere  dall’ autore  (Afromachia, e la firma che compare sull’opera) la scelta di raffigurare gli uomini come delle marionetta dalla sembianze di Pinocchio.

Se la marionetta potrebbe dare l’idea di una popolazione teleguidata da fili invisibile,
che lo cose sono decise a loro insaputa,
che non hanno autonomia
che sono subalterni alla volontà di misteriosi burattinai

così non si può dire di Pinocchio… anzi lui è proprio il contrario.

Pinocchio, taglia i fili della dipendenza,
i fili che guidano il burattino  e si avventura per il mondo,
ribellandosi agli schemi e regole degli adulti e della coscienza collettiva.

Si comporta come fanno molti adolescenti fin dai tempi antichi,
si mettono alle spalle le regole e gli schemi degli adulti,
alla ricerca di una propria identità.

Pinocchio paga di persona l’ esperienze positive o negative del suo percorso formativo, così come accade a molti adolescenti nel loro percorso di vita.


Ci sono ancora tre pareti libere….. cosa vedremo ancora??