Era l'ottobre del 2020.
Oggi giorno abbiamo interi quartieri, forse città, composte da tuguri dove la gente e costretta a viverci, mentre Francesco andò ad abitare di sua scelta in una casa in aperta campagna, ma era sempre una casa in pietra mentre noi oggi abbiamo milioni di persone che vivono in tuguri improvvisati fatti di lamiera, di cartone, di legno di scarto trovato chissà dove.
Si respirava aria di tornare a vivere dopo i mesi di chiusura per il covid e così si organizzò una cena con nostri amici a Perugia o meglio ad Assisi in casa di Pietro.
Appuntamento a Rivotorto, vicino ad Assisi dove abita Pietro e l’appuntamento era in particolare alla chiesa dov'è conservata la casa in pietra che ospitò Francesco agli inizi del suo cammino di santità.
È passato quasi un anno da quella sera e oggi sono tornato a guardare le foto che feci in quell'occasione, in particolare alla chiesa e ciò che in essa è conservato e mi sono accorto di non ricordarmi il nome della chiesa, così decido di fare una ricerca in rete e scrivo "casa di Francesco".
Navigo un po' e scopro che la chiesa conserva il “sacro tugurio” :
Perché sacro?
Perché ha ospitato Francesco?
Per quei tempi in fondo non era molto un tugurio, sicuramente altri avevano case molto peggiori del tugurio, molta gente abitava in capanne, in grotte o in luoghi di ricovero per animali.
Ma chi aveva l'acqua in casa nel 1200?
Chi aveva i servizi igienici?
A chi arrivava l'elettricità in casa? ( Ops non esisteva all'epoca)
La casa paragonata ai tempi di Francesco non era poi un tugurio tanto malandato certo non avevano materassi ma sicuramente avevano della paglia o delle foglie come si usava all’occasione in quei tempi, e come era in uso in molte case, non avevano tavoli e sedie ma forse si, un tavolo con quattro assi e uno sgabello si fa tranquillamente
Case come quella chiamata “tugurio”, fatte di sola pietra senza calce, erano sparse in tutta Italia, dai tholos della Majella ai trulli della Puglia, dai caciara (appenninici) al cabburro (siciliani), anzi avere una casa in pietra poteva essere per quei tempi anche un segno di agiatezza
Certo se vediamo questa costruzione con gli occhi di oggi vediamo un tugurio senza acqua, servizi igienici, riscaldamenti, elettricità ma se noi la vediamo con gli occhi di ieri non era un vero tugurio anzi era una casa discreta.
Chiamare questa costruzione sacro tugurio mi sembra un offesa la povertà.
Oggi milioni di messicani, di kenioti, di egiziani vivono in abitazioni improvvisate e farebbero volentieri a cambio con il tugurio di Francesco.
Ci sono qualcosa come oltre 50 milioni di persone (tra bambini donne uomini) che vivono obbligatoriamente in tuguri ai margini delle grandi città in condizioni di estrema povertà, di indigenza e non per loro scelta.
da bidonville a slum
da favelas a baraccopoli
Il termine per me più poetico è Gegekondu (Turchia) che vuol dire “costruito in una notte”, che mi ricorda quello che succedeva a Roma negli anni 50-70 quando si costruivano baracche o catapecchie nelle periferie e questi agglomerati prendevano il nome di borghetti, la figlia della mia vicina casa di quando ero ragazzo, aveva una baracca in un borghetto e spesso andavamo a trovarla; la baracca era quatto mura, un letto matrimoniale e una stufa in un angolo per cucinare.
Di queste baracche costruite in una notte, Roma ne era piena, di queste baraccopoli, queste case/baracche spuntavano all’improvviso; nel film di Vittorio De Sica, “Il tetto”, il regista ci racconta proprio la storia di una giovane coppia che deve costruire una baracca in una notte e come ci riuscirà.
Se guardiamo la casa di Francesco, che era una casa decente per quei tempi e anche per molti abitanti di questo pianeta, forse guardando gli odierni tuguri insalubri, gelidi, sporchi paragonandoli con la casa di Francesco credo che non lo dovremmo più chiamarlo tugurio, ma semplicemente CASA .