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venerdì 13 giugno 2014

Da parco a Paesaggio protetto



Oggi, quando si parla del ex Manicomio  della Provincia, del comprensorio medico del Santa Maria della Pietà, si parla di Parco, di “parco cittadino”, ma questo è un modo errato di relazionarci con l’intero comprensorio.

Non è corretto parlare di Parco, in quanto tutto il comprensorio non rientra nel termine stretto di parco, di fatto non è uno spazio naturale dove l’impatto dell’uomo sull’habitat è molto basso, e c’è necessità di conservazione e preservazione della flora e della fauna locale, per cui si crea una zona protetta; la creazione di un parco nel senso stretto vuol dire ”mantenere un luogo incontaminato, senza alterare la sua “wildernessammettendo al suo interno visitatori ma non abitanti, non è decisamente il nostro caso, pur essendoci degli abitanti residenti, i membri delle case famiglie o del centro Antea, noi abbiamo dei frequentanti assidui non residenti che sono gli  impiegati, gli studenti gli operatori sanitari, che sono in gran numero superiori ai visitatori.

Il comprensorio non può essere neanche definito paradossalmente un giardino pubblico, perché non rientra nelle casistiche per definire una spazio verde Giardino Pubblico.

 

Nel 1913, dove sorge oggi il comprensorio non c’era nulla, c’era la campagna romana oggi c’è agglomerato urbano di oltre 44 stabile e con un parco creato con dall’uomo che ha inserito piante allogene, in un habitat fortemente modificato che convivono con piante spontanee autoctone.
L’uomo, in un secolo ha  creato uno spazio nuovo dove un paesaggio urbano s’interseca con un paesaggio naturale, ma nel contempo artificiale in quanto frutto dell’impatto del uomo.

Nel nostro caso possiamo parlare di “Paesaggio protetto”.
Questo è un nuovo concetto di conservazione di zone di valore culturale, paesaggistico e umano. Si può dire che solo dal 2003 ha cominciato svilupparsi questa nuova di idea di area protetta, dove il ruolo  centrale non è l’aspetto naturale ma la presenza dell’uomo, il suo impatto ambientale.
Tutto quello che vediamo, le strutture fisse, i vari padiglioni e il parco stesso erano finalizzate alla presenza dell’uomo e dell’uso che ne voleva fare di questo spazio. In realtà il tentativo  riuscito o no, era quello di creare un luogo di recupero dell’uomo soggetto a malattia, in particolare a quelle mentali.
Il centro di questo, il motivo, l’esistenza stessa di questo comprensorio era finalizzata all’uomo e alla sua presenza fissa e stabile.   



Il concetto :“i paesaggi protetti sono paesaggi culturali che si sono co-evoluti con la società umana che li abita, e sono il punto di contatto tra la diversità culturale e biologica” (Brown et al., 2005) è perfettamente applicabile al nostro caso.
Questo nuovo paradigma si differenzia in molteplici aspetti da altri modelli in quanto: “la gestione è centrata più sui residenti che sui visitatori, integrando l’esistenza delle aree protette con le necessità della popolazione locale ed il valore culturale della natura; la percezione locale è inclusa nella gestione delle aree protette e le aree protette costituiscono una rete, dove le distinte categorie si integrano per una migliore connettività tra gli spazi protetti” (Phillips, 2003).
L’idea del paesaggio protetto ha molte importanti implicazioni operative. Nell’ambito di questo nuovo paradigma di area protetta si considera come spazio di conservazione non semplicemente quelle aree dove c’è una presenza rilevante della biodiversità, ma anche quelle aree in cui vi è stata una interazione storica con la comunità umana come le zone rurali. Questo non vuol dire semplicemente estendere le regole applicate alle aree protette ad altre zone, ma che si riconosce l’esistenza di un patrimonio naturale localizzato al di fuori delle aree protette e si responsabilizza la comunità includendola come attore dei cambiamenti.
 Questo non vuol dire semplicemente estendere le regole applicate alle aree protette ad altre zone, ma che si riconosce l’esistenza di un patrimonio naturale localizzato al di fuori delle aree protette e si responsabilizza la comunità includendola come attore dei cambiamenti.
Se andiamo a confrontare questo nuovo concetto di preservazione e aree di interesse storico, culturale e naturalistico … è facile notare come cozzi con quanto fino ad oggi nella gestione del Comprensorio del Santa Maria della Pieta.
Il valore del comprensorio è più storico che naturalistico, più culturale che ambientalistico..Il Santa Maria della Pietà ha un ruolo storico in quanto erede di altri ospedali psichiatrici presenti in Roma nei secoli scorsi, un ruolo storico per quanto è stato fatto in campo medico, ma ha svolto anche un ruolo sociale in quanto intorno all’ospedale sono sorti interi quartieri di operatori sanitari che necessitavano abitare nei pressi del centro, luogo del loro lavoro. Ma può assumere anche un alto valore scientifico, diventare un laboratorio a cielo aperto dove studiare le  biodiversità presenti nel parco, in cento anni di manipolazioni dell’uomo.
Quindi è da qui che bisogna ripartire.. non dall’idea di un parco nel modo vecchio di intendere, visto che abbiamo già ben realizzati nel territorio del Municipio ossia: il Parco del Pineto, dell’Insugherata e del nuovo parco di Selva Candida quello Monumento naturale Quarto degli Ebrei e Tenuta di Mazzalupetto, ma da una nuova idea di protezione dell’area, della creazione di un “Paesaggio protetto”.



Il valore non è la natura di per se stessa, ma del stesso comprensorio la presenza umana all’interno di essa. L’uomo è il suo impatto sull’ambiente è il centro del progetto e della conservazione.

Cosa fare :

1.     Creare un gruppo di lavoro integrato tra le varie amministrazioni per ridisegnare il parco.
2.     Valutare l’impatto dell’uomo sull’ambiente nel tempo passato e nel futuro. Alleggerire la sua presenza o meglio ridistribuirla all’interno del comprensorio.
a.  Spostare l’attività con maggior presenza umana verso l’esterno del comprensorio.
b.     Destinare i padiglioni che stanno al cuore del Comprensorio i pad. 28 (chiuso), 29, 30,32  (sede municipio) e 31 (ex lavanderia) ad attività culturale.. biblioteca (specializzata in medicina), museo, spazio teatrale luoghi convegni, attività sportive…
c.      Creare un anello stradale intorno al comprensorio con parcheggi all’esterno, in prossimità dei padiglioni maggiormente frequentati.
d.     Mettere in funzione una navetta elettrica che colleghi la stazione treno, capolinea bus e i vari parcheggi e il centro del comprensorio.

Questo è uno spazio unico in Roma, in Italia e forse del mondo dove il Museo della Mente acquisterebbe un valore di memoria storica della presenza dell’uomo e la sua lotta contro la malattia  e la ricerca del benessere personale.








giovedì 12 giugno 2014

Smisi di essere comunista


Ancora adolescente mi sembrava bello e giusto essere comunista.
Era giusto lottare per la libertà, per la giustizia e l’uguaglianza.
Ma lentamente ho smesso di essere comunista, così come si sbiadisce nel tempo una maglietta un tempo smagliante e luminosa, una maglietta che lavaggio dopo lavaggio, dopo essere stata stesa al sole per intere giornata perde tutta la sua lucentezza e il suo splendido colore.Così da adolescente indossai una camicia rossa…. Rossa come quella dei garibaldini, perché in fondo già Garibaldi era un comunista.

Smisi di essere comunista piano piano, giorno dopo giorno.
Smisi di essere comunista quando i carri armati sovietici entrarono a Praga… portavano la libertà soffocando la liberta. Quando i versi di Guccini della sua Primavera di Praga mi trafissero la mente:
Son come falchi quei carri appostati;
corron parole sui visi arrossati,
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.

Come si fa a portare la libertà soffocando la libertà.

Smisi di essere comunista, un po’ ogni giorno, quando al tg davano la notizia di qualche giovane ucciso mentre scavalcava il “Muro di Berlino”.
Come poteva un popolo essere diviso da un muro.. e il desiderio di libertà veniva soffocato con una raffica di mitra.

Smisi di essere comunista, quando su una bancarella acquistai un libro dal titolo “Cara Pravda”. Mi aspettavo un libro che mi parlasse bene della Russia, invece erano una lunga serie di lettere pubblicate sul quel giornale, lettere amare e tristi.

Smisi di essere comunista quando durante una cena, un distinto signore amico di mio zio parlò del suo viaggio in Russia, della fame che viveva il popolo, della tristezza dei russi.
Smisi di essere comunista quando la mia amica Simonetta, che era stata sei mesi in Russia per motivi di studi, torno con una fame arretrata, non mangiava un pasto decente da quando era partita da Roma qualche mese prima.

Smisi di essere comunista, quando nella nostra scuola professionale venivano i ricchi e figli di papa universitari, tutti anni fuori corso a parlarci di rivoluzione.
Per noi poveri ragazzi di borgata, che già il frequentare una scuola professionale era un gran sacrifico e l’università era mera illusione, un sogno quasi impossibile, per loro era il tempo del gioco politico e non dello studio. Per noi ragazzi del professionale perdere un anno voleva dire andare a lavorare, loro si permettevano il lusso di essere anni fuori corso.
Smisi di essere comunista, quando imposero il 6 politico,  sufficienza solo per frequentare. Noi che perdevamo ore di sonno sappiamo quanto ci costava un sei striminzito.. ma loro gli studenti figli di papà, con mille esami da fare volevano passare per la sola presenza… ma non in aula ma nelle piazze con le bandiere rosse.

Smisi di essere comunista quando velatamente qualcuno disse che gli arabi, che durante le Olimpiadi di Monaco rapirono gli atleti israeliani, erano di sinistra e gli ebrei di destra.
Smisi di essere comunista, quando cominciarono a dire che Gesù Cristo in fondo era un comunista… rubare i miti degli altri perché sono belli, incontestabili e vincenti è una cosa che mi rende triste.
Smisi di essere comunista quando incontrai i catto-comunisti; incapaci di difendere le proprie idee passano dall’altra parte annacquando il messaggio cristiano.. senza essere comunisti fino in fondo.

Smisi di essere comunista quando i borghesi hanno cominciato a sventolare le bandiere rosse, quando i capitalisti hanno cominciato a dire di essere di sinistra e votare PCI, ed essere presidenti di una squadra di calcio solo per far soldi.

Smisi di essere comunista quando gli intellettuali cominciarono a fare gli snob dichiarandosi di sinistra,  per essere così invitati nei salotti che contano, trovando spazio nelle tribune politiche e vendendo i libri facendo cassa…. senza spendere nulla per i proletari,  dimenticandosi di essi

Smisi di essere comunista quando uccisero PierPaolo Pasolini e la sinistra tacque…

Smisi di essere comunista, quando cominciarono a sparare le Brigate Rosse…. non capii all’epoca e mi riesce difficile da capire ancora oggi, perché i figli di papà volevano fare una rivoluzione che la sinistra proletaria non voleva.

Smisi di essere comunista quando si parlo di compromesso storico…  compromesso per chi, per cosa, perché?

Smisi di essere comunista quando in nome delle conquiste sociali si scelsero le vie della fuga, le vie più facile.. quella del divorzio e dell’aborto e ben poco si è fatto per una formazione di una coscienza matura dell’amore e del sesso.

Smisi di essere comunista… quando morì l’ultimo comunista proletario e arrivarono a Botteghe Oscure i comunisti della borghesia….

Ho smesso da tempo la mia camicia rossa, adesso si trova in qualche angolo remoto di una baule nella soffitta.. ha perso il suo colore rosso smagliante… adesso ha un colore che non so definire….

Eravamo comunisti



Eravamo comunisti

Eravamo comunisti,
perché avevamo vinto la guerra con i partigiani su per le montagne,
eravamo comunisti,
perché avevamo perso la guerra con le camicie nere.

Eravamo comunisti,
perché avevamo fame e sete ma non solo fame di pane
ma anche di giustizia dopo anni di olio di ricino.

Eravamo comunisti,
perché chi ci dava un pezzo di pane
ci ricattava obbligandoci a batterci il petto la domenica mattina.

Eravamo comunisti,
perché la chiesa dava la mano a chi stava al potere
e ci obbligava a chinare la testa con i suoi dogmi di fede.

Eravamo comunisti,
perché si sognava giustizia e liberta,
libertà di essere, amare e scappare,
si sognava di essere tutti ricchi come i comunisti in Russia

Eravamo comunisti,
perché credevamo che un giorno
ci sarebbe stato lavoro per tutti e tutti sotto un tetto...

Eravamo comunisti,
perché eravamo tutti  figli d'operai che andavano a giornata,
e padri di operai del futuro.

Eravamo comunisti,
quando in borgata non c'erano i ricchi, i padroni e i borghesi
che dormivano nelle loro case ben pulite lontane dalle borgate proletarie.

Eravamo comunisti,
con L'Unità ben piegata in tasca fino a casa
perché c'era sempre un figlio che dopo cena
ci leggeva la pagina dello sport
e gli articoli di Togliatti e Berlinguer.

Eravamo comunisti,
perché i nostri capi una volta esuli e fuggiaschi
parlavano al cuore di pace e dignità.

Eravamo comunisti,
per il capitale che non c'era nelle nostre tasche
ma qualche cicca e il bottone della giacca appena staccatosi,
e il capitalismo ci affamava ogni giorno.

Eravamo comunisti .. un giorno.

mercoledì 11 giugno 2014

Parco, giardin pubblico o... Paesaggio protetto



Parco o Giardino pubblico.

Se fosse uno o l’altro non smetterebbe di essere a servizio dei cittadini, ma in un caso o nell’altro il suo utilizzo andrebbe gestito diversamente, ma ambedue però non sono corrette come definizioni o destinazione.
Non può essere considerato un parco nel termine stretto o estremista del senso, ma neanche un comune giardino pubblico con gli spazi calpestabili.
Più di un parco o di giardino pubblico dovremmo parlare di : Paesaggio protetto.
Ossia un luogo modificato dalla presenza dell’uomo e dove la natura in cento anni  ha preso un aspetto particolare creando un habitat unico in quanto piante autogene e autoctone vivono insieme dividendo lo stesso spazio.
Un paesaggio protetto è un  aree in cui la natura e la popolazione umana si devono integrare in maniera armonica. Qui la natura l’uomo vivono insieme ma l’integrazione armonica stenta a realizzzarsi.
Questa è l’idea innovativa di questo spazio alle porte di Roma, ma quasi al cuore del Municipio Roma XIV.
Lo sforzo da parte  di tutti, amministrazione comunale, Asl e altri locatori dei padiglioni presenti nel parco.
Bisogna lavorare per  mantenere un habitat per le varie specie floreali presenti e anche le varie specie faunistiche. Ormai tra i rami degli alberi sono presenti non solo passeri, cornacchie, piccioni ma anche i pappagalli parrocchetti e scoiattoli. Se si sta con il naso all’in su non è  difficile vederli saltellare da un ramo all’altro.
Tutti i lavori di mantenimento e bonifica nel parco andrebbero fatti ponendo attenzione sia alla flora che alla fauna presente.
Casella di testo: Figura 1 la linea azzurra è il percorso della navetta e la rossa la strada da realizzareLe operazioni di potatura degli alberi non può essere fatta a caso come avviene in molte volte oggi, dove operai poco esperti tagliano tutto quello che c’è a tiro di motosega, andando a volte a distruggere anche i nidi di uccelli, come non andrebbe fatto il taglio dell’erba in piena fioritura primaverile, ma lasciare che si compia il processo vegetativo per proteggere certe specie caratteristiche della flora romana. Certi spazi verdi andrebbero parzialmente recintati per impedire che siano calpestati dagli uomini e dagli animali.
Alcune cosa fondamentali andrebbero fatte.
1.      Chiudere al traffico veicolare il parco, ma prima bisognerebbe fare un bel anello stradale, con diverse aree parcheggio intorno al comprensorio per permettere ai pedoni di raggiungere facilmente ogni padiglione dall’esterno. Inoltre mettere una navetta elettrica che si limita di percorso di poche centinaia di metri all’interno del parco, ma che però gira intorno al parco.   Non sarebbe un grande lavoro in quanto la strada che dovrebbe circondare il comprensorio è già realizzato per tre quarti, la parte che manca è già in progetto e fa parte della strada di collegamento Quartaccio-Torresina con via Trionfale (che dovrebbe alleggerire il traffico di via Torrevecchia).
2.      Realizzare una zona “amici 4 zampe”, dove possano essere portati per correre in libertà, perché all’interno del parco non è consentito lasciare i cani liberi, ma devono essere portati al guinzaglio. Non consentire l’accesso ai signori che portano a spasso il cane che non sono muniti di sacchetti raccoglie feci.

3.      Recintare la zona parco giochi dei bambini per impedire che i cani, come succede oggi, gli orinano sopra.  

4.      Aumentare la sicurezza installando videocamere lungo i percorsi per individuare eventuali aggressori o molestatori.

5.      Fondare un comitato o un associazioni di cittadini che si prendano cura del parco, nel controllare i danni, situazioni di pericolo, segnalare zone di intervento ma anche per controllare il comprensorio contro eventuali chi commette atti vandalici, raccoglie fiori, frutta e funghi ecc, inoltre dare loro la possibilità di fare piccole interventi manutenzione. Inserire all’interno del comitato del parco studenti di scienze naturali, che hanno già competenze specifiche e nello stesso tempo maturano esperienze sul campo.

Preservare il parco ma conservare il suo paesaggio urbano all’interno recuperare i vari padiglioni dal degrado, ma preoccupandosi che quelli di maggior impatto inquinante a causa della massiccia presenza umana siano più esterni e lasciando quelli interni ad attività di basso impatto o bassa frequenza umana.
Potrebbe essere interessante liberare i padiglioni 29, 30 e 32 del Municipio Roma XIV e portarli verso l’esterno del parco e al loro posto creare un paio di musei da affiancare a quello già presente (Quello della Mente) ad esempio un museo del territorio recuperando immagini, foto, materiali di questa zona di Roma, di questi quartieri e un museo della Natura che abbia al centro proprio la caratteristica dell’habitat della agro-romano e della bassa tuscia, ma che potrebbe essere una casa delle scienze per le scuole della zona.
Mentre il primo potrebbe essere allestito chiedendo ai cittadini di collaborare per il secondo si potrebbe chiedere ai vari musei universitari materiali  che hanno nei magazzini.

Musei gestiti dal municipio con personale proprio e con l’ausilio di volontari del territorio amanti del museo. In fondo alcuni siti archeologici di Roma, oggi sono aperti grazie ai volontari del TCI che offrono la loro assistenza di sorveglianza.

Ripensare il parco, da semplice luogo ideologico a “Paesaggio urbano protetto”, e il segno di una nuova visione della vita, della città che verrà senza rimanere legati a vecchi schemi oggi non più attuali o attuabili.