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lunedì 22 luglio 2013

Il povero al centro del cuore

30 maggio 1998, giorno di Pentecoste, una giornata memorabile. Il Papa Giovanni Paolo II convoca tutte le nuove realtà ecclesiale, i nuovi  movimenti e le comunità per una celebrazione comunitaria della Pentecoste.
In quell’occasione, io ero sul sagrato della Basilica di San Pietro, la visione, il colpo d’occhio e di quelli da mozzare il fiato. Tutta la piazza è piena di fedeli, ma anche tutta via della Conciliazione, quasi fino a Castel Sant’Angelo ci sono fedeli in preghiera.
Durante la celebrazione, davanti al Santo Padre, sfilano in omaggio, i leader, i fondatori delle varie realtà, da Kiko Arguello dei neocatecumenali, a Chiara Lubich dei focolarini, a Don Giussani di CL, diciamo è una sfilata dei giganti della chiesa moderna…
Sono tra i pochi spettatori privilegiati, mi trovo ad una 30 metri, ma forse meno,  alle spalle del Papa, ma lui non lo vedo in faccia, ma i vari leader si…  ad un certo punto arriva ad omaggiare il Papa, un omone grandissimo, un gigante con i capelli bianchi, lo conoscevo già di vista per averlo già incontrato prima, ma non me lo ricordavo così grande.
Arriva e sovrasta il Papa in altezza, poi s’inginocchia e diventa piccolo, piccolo ai piedi di Giovanni Paolo II, che lo abbraccia ricoprendolo come un padre con il figlio.
Tre sono le immagini che mi hanno colpito quel giorno, tre ricordi che conservo gelosamente, la folla oceanica ai piedi del Papa Giovanni Paolo II, Don Giussani il fondatore di CL, barcollante perchè non stava in buone condizione fisiche, e sostenuto da alcuni ragazzi per andare ad omaggiare il Papa e il lungo abbraccio tra il Santo Padre e Jena Vanier.
Avevo letto dei libri scritti da Jean Vanier sulla esperienza di vita e di fede, ed ho anche avuto occasione di ascoltarlo in merito alla sua esperienza.
Impressiona fortemente come lui parla della tenerezza di Dio, dell’amore che Dio ha per gli ultimi e per la sua Chiesa.
Jean Vanier, pone il povero al centro del suo cuore, del cuore della Chiesa e mette a nudo il rapporto che noi possiamo avere quando incontriamo il povero. Mette a nudo le nostre paure, le nostre esitazioni e della nostre voglie di fuggire nei confronti di chi ci chiede aiuto.
Jean, nel parlarci del povero, non c’invita solo a dargli da bere, da mangiare, o di rivestirlo, assolvendo quelle che sono le opere di misericordia materiale, lui ci invita ad entrare in relazioni con lui, a sporcarci con lui nel fargli posto nel nostro cuore. Se il nostro cuore è una casa in ordine ben arieggiata e ben pulita non puoi essere posto dove accogliere il solo Gesù, perché lui entrerà con il povero sporco, lacero e puzzzolente. 

Jean Vanier c’invita da una rivoluzione del cuore: "Accogliere non è per prima cosa aprire la porta della propria casa, ma aprire le porte del proprio cuore e perciò diventare vulnerabili. E’ uno spirito, un atteggiamento interiore. E’ prendere l’altro all’interno di se, anche se è sempre un rischio che disturba e toglie sicurezza: è preoccuparsi di lui, essere attenti, aiutarlo a trovare il suo posto...DARE LA VITA significa essere colmi di sacro stupore e di profondo rispetto davanti al mistero della persona; significa vedere al di là di tutto quello che è spezzato.... Ciò che conta è l’incontro con le persone, l’ascolto, la condivisione; tutto ciò, insomma, che si chiama misericordia: dare la libertà alle persone grazie alla qualità del nostro ascolto e della nostra attenzione, far loro sentire che sono importanti.... E così si diventa uomini di pace, operatori di pace." 
A molti operatori sociali viene insegnato a non aprire il cuore nei confronti del povero, per non farsi trasportare nel suo mondo, nella povertà e nella miseria, Gli viene insegnato ad essere invulnerabili, a sapersi difendere dall’aggressività del povero, dal saper sgusciare via da quelle mani aperte che cercano un appiglio dove aggrapparsi per uscire fuori dalla loro miseria umana.
Dare il pane, l’acqua.. ma non il cuore. Non fate entrare il povero in voi, tenetelo fuori dal vostro cuore.
Ma se non si dà il cuore, non si dà amore… è tutto vuoto, è tutto inutile ed è pieno di tristezza.
Papa Francesco, in questo suo rivolgersi ai nostri cuori, ci invita a guardare il povero con sguardi di misericordia e di pace, quegli stessi sentimenti che Dio riversa continuamente verso di noi. Al suo primo Angelus infatti ci dirà: Fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che ha pazienza. Ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci..".
Dio ci ricopre di misericordia, riempie il nostro cuore di misericordia… la stessa che possiamo ridare la povero che bussa la nostro cuore.
 
Molti poveri, oggi sono sazi e si nutrono di cibi succulenti, si dissetano con bevande fresche e dissetanti, son vestiti con abiti lussuosi e di gran marca… ma hanno un vuoto nel cuore. Un cuore ferito e sanguinante… Sono i nuovi poveri che difficilmente riusciamo a distinguere nella folla, ha fatica riusciamo a sentire la loro voce del clamore ed il chiasso di questi tempi moderni, ma sono vicino a noi.

Camminano con noi lungo le nostre strade alberate, siedono vicino a noi sui bus e nei metro, fanno la fila alle casse dei supermercati… sono ovunque, e tra loro ci siamo anche noi con il nostro cuore ferito e sanguinante, c’è un solo medico... Gesù… colui che può guarire il nostro cuore e il cuore di chi c’è vicino.

Noi abbiamo un compito…. portare la speranza che c’è in noi, che nasce dall’amore di Gesù per Gesù.






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