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martedì 27 ottobre 2015

02 Re, profeta, sacerdote e la città celeste


La funzione della Chiesa, per unzione dello Spirito Santo e di essere Re, Profeta e Sacerdote, come ogni membro ogni suo membro dal semplice credente al Papa.
Ogni cristiano in virtù dell’unzione battesimale è  re, profeta e sacerdote.
Essere Re
Essere Profeta
Essere Sacerdote
 Essere Re,  vuol dire essere costruttori del Regno di Dio e la sua diffusione nel mondo e nella Storia esso è in mezzo a noi e abbiamo il compito di realizzarlo.
La prima manifestazione della regalità si esercita su se stessi, diventando signori delle nostre passioni e dei nostri impulsi, sapendoci orientare verso la santità.
Saper guidare la propria vita, essere padrone e dunque Re di se stessi e quindi pi divenire punto di riferimento per gli altri.

Essere sacerdoti, sinteticamente e fare della propria vita un oblazione vivente per se stessi e per gli altri.

Essere profeti, vuol dire parlare per conto di…. Parlare per conto di Dio.

Ognuno di noi, grazie all’unzione è profeta dell’Altissimo, parla per conto di Lui.
Il profeta in ambito cristiano, non parla mai di cose che accadranno, ma di ciò che dice Dio  al suo popolo.
Non dirà cose che accadranno, non è preveggente o futurista, ma parlando  a nome di Dio dirà sempre parole per l’edificazione, per la conversione, per la crescita spirituale… saranno parole di speranza, di fede, di carità,  ma anche di ammonizione o allarme per il pericolo di una cattiva condotta.

La Chiesa quindi è Re, Profeta e Sacerdote come ogni suo membro.

Già Sant’Agostino nel V secolo ci parla della città terrena e della città celeste.
« L'amore di sé (ego e superbia) portato fino al disprezzo di Dio genera la città terrena; l'amore di Dio portato fino al disprezzo di sé genera la città celeste. Quella aspira alla gloria degli uomini, questa mette al di sopra di tutto la gloria di Dio. [...] I cittadini della città terrena son dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri; i cittadini della città celeste si offrono l'uno all'altro in servizio con spirito di carità e rispettano docilmente i doveri della disciplina sociale. »(La città di Dio, XIV, 28)


La sua grande intuizione che gli uomini sono chiamati a costruire qui sulla terra la Città Celeste.
La nuova Gerusalemme non è una realtà che cala dall’alto, ma è la nuova città che gli uomini costruiranno seguendo il vangelo. È la nuova città costruita combattendo contro gli istinti sfrenati dell’egoismo e superbia.
Il concetto si società civile che aveva Sant’Agostino e per certi aspetti bel lontana da quella di oggi. Ma per antinomia essa è   vicina alla nostre aspirazioni moderne: Una città di pace e prosperità

A Siena nel Palazzo comunale c’è un grande affresco medioevale grande su due pareti realizzato da Ambrogio Lorenzetti;  in esso c’è raffigurato la città sotto il Buon Governo o il Cattivo Governo.


Il buon governo è frutto di una società sana dove i principi morali sono quelli ispirata dalla vita cristiana.
Al di sopra di tutto c’è la Sapienza Divina a cui l’uomo deve guardare e alla quale deve ispirarsi. Da essa deve lasciarsi guidare  per amministrare la giustizia terrena.
Gli uomini di governo devono essere forti nelle virtù teologali ossia dalla fede, dalla speranza e dalla carità;  si devono ricoprire delle virtù cardinali: la giustizia, la temperanza, la prudenza e la fortezza.

Tale principio  è la forza di un buon governo e il quale genera leggi il scopo imprescindibile è   il dare una casa e un lavoro per tutti , e dare la giusta mercede al lavoratore per il lavoro eseguito, equità del commercio, distribuzione del benessere e della ricchezza,  la garantire la giustizia garantita all’innocente e al colpevole.
Il frutto di un buon governo sono città prosperose, le campagne fertili che producono beni, commerci fiorenti, artigiani laboriosi e agiati,  pace tra vicini.

Al contrario un cattivo governo, ispirato da altri principi, genera altre realtà, sono altri i frutti. 
Nell’allegoria del cattivo governo, nel affresco del Lorenzetti, vi sono raffigurate l’avarizia, la superbia, e la vanagloria e una città da questi principi o valori governata dara frutti cattivi.
I frutti saranno che l’ingiustizia sarà imbavagliata, ci saranno ricchi-ricchissimi e poveri agli angoli della strada a chiedere l’elemosina.
Non ci sarà la casa e il lavoro per tutti, i commerci non saranno equi, il benessere non sara per tutti, l’operaio sarà sfruttato e il diverso messo ai margini.
Il bene comune sara trascurato, le campagne abbandonate, le città fatiscenti, guerra tra vicini e le carceri piene d’innocenti frutto di un assenza di giustizia.

Non possiamo aspettare passivamente la nascita di una città ideale, come un miracolo che scende dal cielo. Dobbiamo rimboccarci le mani e costruire la città celeste.

In virtù della nostra unzione che riceviamo nel giorno del battesimo, questa ci fa divenire tutti re, profeti e sacerdoti.
Essere Re, ci da tutti l’obbligo di governare la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra casa, il nostro bene comune, la nostra città, la nostra nazione.
Il buon governare fa di ognuno di noi profeta, per chi ci sta vicino, ma anche per chi è lontano, perché governare con giustizia, essere politici corretti si può e si deve.
Il buon governare è la nostra oblazione sacerdotale da offrire a Dio.

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